Ti sei mai fermato a riflettere su come funzionano le fogne di Venezia? Una città costruita direttamente sull’acqua, un esempio più unico che raro e che ha costretto l’uomo a trovare soluzioni ingegnose per poter mantenere pulita e salubre la città.
Che si tratti di un ambiente eccezionale è fuori discussione: dalle barene sino agli ecosistemi protetti nei dintorni delle isole, Venezia ha richiesto nei secoli numerosi accorgimenti tecnici ed ingegneristici davvero originali. L’acqua è l’elemento dominante e caratteristico di questa città ma l’erosione, il sale e i cicli delle maree hanno sempre reso più fragile questo sistema.
Unico è anche il sistema di trattamento delle acque reflue, ovvero di tutti i residui degli scarichi. Viene naturale domandarsi dove finiscono le fogne a Venezia?
La storia delle fogne di Venezia
In epoca medioevale solo gli edifici più prestigiosi avevano dei bagni privati, mentre la popolazione disponeva di bagni comunitari che venivano posti vicino ad un rio. Capitava spesso che i canali più stretti divenissero delle vere e proprie latrine a cielo aperto che poi l’acqua alta ripuliva.
Il medioevo e il Rio delle Latrine
La parte liquida degli scarichi finiva direttamente nei canali, mentre bisognava operare manualmente alla rimozione della componente solida. Tutti gli scarti delle cucine e i reflui spesso erano scaricati al di sopra del livello medio delle maree e pertanto erano spesso visibili. Era poi la continua marea a ripulire i canali.
Una prima organizzazione delle fogne di Venezia
Nel basso medioevo, con l’aumentare della popolazione, diventarono sempre più evidenti i problemi di carattere igienico. Oltre alla propagazione delle malattie, il sistema medievale del rio delle latrine non funzionava più: troppe zone della città erano impraticabili, per cui a partire dal XV secolo iniziò ad essere organizzata una prima rete fognaria urbana con fosse e canali collettori.
Il sistema tradizionale delle fognature di Venezia
Fino alla metà dello scorso secolo, tutti gli edifici erano dotati di gàtoli, dei cunicoli realizzati in muratura che avevano la funzione di trasportare tutti gli scarichi direttamente nei vari rii, cioè nei canali veneziani. Si tratta di un sistema particolarmente ingegnoso utilizzato già nel XVI secolo e che si ritrova in molte abbazie o conventi di epoca medievale.
Questi cunicoli venivano convogliati in un collettore, generalmente rivestito in mattoni e di sezione rettangolare, che raccoglievano i reflui delle fogne di Venezia e le acque piovane. La quota di posa dei gatoli era tale per cui le maree periodicamente ripulivano e in parte disinfettavano i condotti.
Le fogne di Venezia oggi
Lo stato dei gatoli rilevato nel XX secolo era molto negativo: molti di questi erano totalmente ostruiti e mediamente era stato superato il 50% di ostruzione. Venne reso così obbligatorio l’uso di una fossa settica prima dello scarico nel rio. Questo adeguamento fu però realizzato da pochi proprietari, visto che era obbligatorio solo per coloro che richiedevano un permesso per ristrutturare casa.
A partire dagli anni ’70 le zone urbane più nuove vennero dotate di un sistema fognario più moderno, con tubazione al posto dei classici canaletti. Ciò in zone come Sacca Fisole, sull’isola della Giudecca, o nelle isole di Murano e Burano. Questi nuovi sistemi hanno in realtà dato più problemi dei gatoli tradizionali, perché poco adatti al sistema marino della laguna: visto infatti che spesso le maree invadono le tubazioni, si formano spesso condense che riducono il diametro delle tubazioni.
Negli ultimi anni, su modello svedese, si stanno sperimentando nuove tecniche a depressione: a valle degli scarichi si crea una zona con una pressione minore di quella atmosferica, così che i liquami delle fogne di Venezia possano essere letteralmente aspirati via.
Quale futuro per il sistema fognario veneziano?
Il sistema di gatoli a Venezia è rimasto una garanzia per tanti secoli: il potere depurativo delle acque salmastre portato dalle maree ha sempre scongiurato gravi epidemie di carattere sanitario. Inoltre l’uso delle fosse settiche a Venezia è obbligatorio per tutte le attività commerciali.
Quanto è inquinata l’acqua dei canali?
Se è inoltre vero che fino agli anni ’60 o ’70 gli studenti si tuffavano nei vari rii, oggi questo sarebbe impensabile. Recenti studi sulla salubrità delle acque portati avanti dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica (articolo in inglese a questo link) hanno mostrato una situazione molto preoccupante. Le acque dei rii veneziani e del centro storico, così come quelle della laguna hanno un’elevata concentrazione di batteri e virus con un alto grado di fecalizzazione, tanto da preoccupare per possibili rischi sanitari.
Conclusioni
Oltre ad un’opera di bonifica di tutti i canali collettori, a destare preoccupazione è la situazione degli impianti fognari dei privati spesso disordinati e in pessime condizioni. A partire dagli anni ’90 dello scorso secolo sono stati approvati diversi piani per il risanamento delle fogne di Venezia così da ridurre il carico inquinante.